Senza pietà

Curata da Colomba Rossi, Senza pietà (CentoAutori, pp. 160, €14,00) è una antologia che riunisce undici racconti noir, usciti sulle pagine del «manifesto» nelle estati tra il 2010 e il 2012. Una idea, una delle tante, di Benedetto Vecchi, indimenticato responsabile delle pagine culturali del quotidiano comunista, scomparso a soli sessant’anni il 6 gennaio 2020: alla sua memoria il libro è dedicato. Vecchi, «critico letterario acuto e rigoroso» – ricorda Massimo Carlotto nella prefazione – aveva ben compreso da tempo «il senso e il ruolo della letteratura di genere, di cui era un gran lettore e sostenitore». Il noir infatti rappresentava, a suo avviso, «un artificio per mantenere alto il tasso di passione civile e di denuncia delle piccole e grandi malefatte della società capitalistica». Uno strumento formidabile di indagine della realtà per la sua capacità di offrire una visione del mondo non frontale, ma, per così dire, di sghembo, cioè dal punto di vista ‘sbagliato’, per riflettere sul male, sul senso delle etiche moderne e soprattutto sulla loro fragilità.

È quanto avviene nelle undici storie di Senza pietà, frammenti di vita oscura e crudele, che poste in successione dannolo spaccato di una società italiana sviluppata in senso tremendamente verticale, secondo un vero e proprio darwinismo sociale in cui i forti, i furbi, i potenti e gli “adeguati” sono selezionati “naturalmente”. Ecco così il quadro aziendale ridotto in miseria e costretto a vivere in un SUV, del racconto di Alessandro Baustasi. La giovanissima prostituta ungherese, che non capisce perché il suo ‘mestiere’ in Italia viene anche indicato con la perifrasi “fare la vita” («a me è sembrato solo tutto orribile e che di vita non ci fosse nemmeno l’ombra»: Stefano Cosmo). La spietata cacciatrice di pedofili. L’avvocato privo di scrupoli di Marco Videtta («la legge è meravigliosa perché si può sempre trovare un vizio di procedura»). La cocaina che come un virus si trasferisce da persona a persona (Michele Ledda). E poi il Vero Uomo Padano che «sopravvive a tutto, anche alla regina delle polmoniti» (Lorenzo Mazzoni). E poi i reati ambientali, veri e propri crimini contro l’umanità (Andrea Melis e Pasquale Ruju); l’imprenditoria al soldo della criminalità nazionale e internazionale; le discutibili politiche economiche statali, con gli agricoltori costretti a pensare che sia meglio «lasciare la terra alle bestie, che almeno loro avrebbero trovato di che sfamarsi» (Michele Ledda). Due le autrici presenti nell’antologia con altrettanti racconti dedicati alla realtà dei campi Rom. L’uno ispirato a fatti accaduti sulla scorta delle informazioni fornite dall’Associazione 21 luglio (Paola Staccioli). L’altro, a firma di Sara Bilotti, adotta invece il punto di vista di una bambina che trasforma la realtà degradata in cui vive in un mondo in guerra, dove tutto è razionato e dove «l’unica cosa che non finisce sono i libri, perché è vietato comprarli». Grazie al furto di un dizionario e di qualche classico la piccola riuscirà a collegare le parole alle cose e a comprendere la realtà in cui vive.

Carlotto, tra indizio e trasgressione

(Questo articolo è uscito sul «manifesto» del 17 luglio 2020)

Per festeggiare i suoi venticinque anni di scrittura (risale al 1995 il romanzo di esordio Il fuggiasco per i tipi della e/o) Massimo Carlotto ha accolto l’invito della casa editrice CentoAutori a raccogliere in volume sette racconti, scritti per lo più negli anni Duemila e apparsi in antologie e quotidiani, tutti poco conosciuti, un paio pressoché inediti. È nato così Variazioni sul noir, titolo che richiama quel procedimento compositivo, proprio del linguaggio musicale, in virtù del quale, come è noto, un elemento tematico di base viene trasformato in un qualcosa d’altro, che però mantiene con il modello un rapporto strettissimo di parentela. Concetto questo perfettamente applicabile alla ricchissima produzione di Carlotto, il quale ha sottoposto il genere noir a continue ‘variazioni’, ne ha piegato le convenzioni, fino a farle implodere del tutto, con l’intento di fornire una quanto mai efficace rappresentazione della caduta dell’umano all’interno di un contesto sociale, culturale e economico malato e sempre in balia dell’imprevedibile: narrare per lo scrittore padovano equivale a esplorare quegli spazi della trasgressione, della violenza e del segreto, che sfuggono alla logica del paradigma indiziario.

Nella scegliere le sue ‘variazioni sul noir’, Carlotto non ha seguito un criterio cronologico, ma piuttosto di contenuti. Non è un caso che il primo racconto del libro, Cuori rossi, scritto nel 2006, si concentri su quei temi da lui più frequentemente esplorati (basti pensare al ciclo dell’Alligatore), vale a dire il senso di sconfitta e di disadattamento rispetto all’oggi che pervade quanti hanno creduto nello spirito rivoluzionario dei movimenti degli anni Settanta, il dominio assoluto e incontrastato del denaro sulla vita e i cambiamenti psicopatologici determinati dalla routine carceraria, la propensione alla violenza sia mentale che fisica. 

Da fatti di cronaca prendono invece spunto due racconti poco noti dell’antologia. Si tratta di Cortonese Station, storia di un killer al servizio della mafia russa, che mentre è impegnato a Perugia nei preparativi di un ‘lavoro’, viene fermato e ripreso da una troupe giornalistica giunta in città per seguire il processo ad Amanda Knox. È un testo scritto su commissione del capoluogo umbro, che nel 2008 coinvolse quattro scrittori, tra cui Carlotto, per un volume, Nero perugino, a distribuzione gratuita. L’intento era quello di «scrostare dalla città le immagini morbosamente replicate e le parole surreali emesse laddove invece ingenuamente si presume venga distillata la realtà: sui giornali e nei telegiornali». Invece ne La donna giusta, pubblicato in Francia con il titolo Gaia nell’antologia À table!, curata da Laurent Lombard (2004), un brutale fatto di sangue entro le mura domestiche, mostra come la situazione economica sia alla base della possibilità di una coppia in crisi di affrontare o meno una separazione, con l’obbligo ad una convivenza forzata che può avere esiti devastanti.

Dalle pagine di Variazioni sul noir emerge la grande attenzione che Carlotto ha sempre riservato al mondo femminile. Lo testimoniano, tra gli altri, il fortunatissimo monologo della casalinga disperata di Niente più niente al mondo (2008), e il ciclo delle quattro Vendicatrici, che ha anticipato le storie di malaffare dell’inchiesta Roma Capitale. Ritroviamo qui la lesbica e sessualmente disinvolta commissaria Bernadette Bourdet di Respiro corto (2012), «brava e tosta quanto brutta», tanto da essere chiamata ironicamente B.B., nel racconto B.B. e il caso del poliziotto spagnolo, un noir investigativo apparso sul «Corriere della sera» nell’estate 2012. E le donne astute e spietate, come la Patrizia, che un tempo si chiamava Roberto, capace di incastrare l’esperto sicario ingaggiato per ucciderla (La presunzione), assetate di vendetta dopo il tradimento del proprio uomo (Champagne per due), lacerate nel corpo e nella mente dopo aver subito uno stupro (Zodiaco) sono invece al centro di tre ‘racconti crudeli’, apparsi per la prima volta in altrettante antologie curate da Tecla Dozio, libraia della Sherlockiana di Milano, figura di spicco del mondo della narrativa giallo/noir, grande esperta di letteratura di genere. A lei, scomparsa nel 2016, si deve il merito di aver fatto conoscere ai lettori italiani moltissimi autori stranieri e di aver dato la possibilità a molti italiani esordienti di pubblicare i propri romanzi e di affermarsi. Questo libro è anche un omaggio alla Signora del giallo