
(articolo pubblicato sull’Indice dei libri del mese, novembre 2020)
Tito Faraci è uno degli sceneggiatori di punta del fumetto seriale italiano, infaticabile creatore di storie per personaggi popolarissimi come Tex, Dylan Dog, Diabolik, Topolino, Spider-man, solo per citarne alcuni, oltre ad essere il curatore della Feltrinelli Comics, prestigiosa collana di fumetto da libreria (o di graphic novel, se si preferisce). Come già nel romanzo d’esordio, La vita in generale(2015), anche in questa sua seconda opera letteraria, Spigole, Faraci si rifà a un tema molto ricorrente nella narrativa e nel cinema, quello della seconda possibilità, del cambiare vita per ricercare una felicità, percepita come perduta. Il protagonista del romanzo, Ettore Lisio, vive a Milano, scrive fumetti e ha un passato da musicista. È divenuto un autore di culto negli anni Novanta, creando, sulla scia del clamoroso successo di Dylan Dog, il personaggio di Doc Diablo. Un successo di cui però non è particolarmente orgoglioso. Chiusa questa esperienza, ora sceneggia le storie del Ranger (chiarissimo riferimento a Tex), che si fondano su uno schema narrativo particolarmente rigido, su cui esercita un ferreo controllo tanto il boss della casa editrice (in cui possiamo riconoscere Mauro Boselli), quanto i lettori, sempre critici ed esigenti. (Nel romanzo vi è una recensione tratta da un immaginario webmagazine “Pensieri fra le nuvole”, a firma Simone Alberighi, a ricordare Simone Albrigi, alias Sio.)
Così Lisio – legatissimo alla figlia Patrizia, la cui presenza in qualche modo surroga l’assenza della moglie morta prematuramente – passa le sue giornate davanti al computer a escogitare situazioni rocambolesche per il suo eroe e a inventare trappole da cui farlo uscire brillantemente, avvalendosi a volte dell’aiuto dell’amico romano Roberto (omaggio a Roberto Recchioni, attuale curatore delle serie di Dylan Dog). Questo percorrere sentieri narrativi ristrettì e ripetitivi, continue variazioni sul tema, genera in Ettore una certa stanchezza. Gli viene così in mente di abbandonare il lavoro fumettistico per rilevare una pescheria, che nel frattempo ha chiuso la sua attività. Vendere spigole dunque: «Non ci sono i Grandi Classici della Spigola, a cui baciare il culo tutto il giorno. Non c’è da pensare. Se è fresca, è fresca. Non succede che sembra che non sia fresca, però è perché qualcuno ha fatto un’operazione revisionista e sono io che non capisco, non ci arrivo. Non c’è il meta-pesce. Non c’è il revival del vecchio pesce. Non torna di moda il pesce di una volta». Rilevare quella pescheria non è però cosa semplice. Ettore si trova coinvolto suo malgrado – e con lui i suoi amici fidati – in una vicenda noir, dinamica e ricca di colpi di scena. E sarà proprio la sua capacità di inventare storie – e saperle raccontare – a consentirgli di fronteggiare il ‘cattivo’ in cui s’imbatte e salvare la giovane donna che è finita tra le sue grinfie.
Facendo leva su un personaggio parzialmente autobiografico, Faraci organizza un romanzodalla marcata impronta metanarrativa, dove il fare fumetti è visto nella dimensione concreta di lavoro, con date di consegna precise, regole canoniche da rispettare, e poi lo storytelling, dove tutto deve avere una collocazione precisa). Ma Spigole è anche un grande atto d’amore nei confronti di Milano, specie quella dei Navigli, raccontata come luogo narrativo senza cadere nelle trappole dello stradario. Una Milano che ha un’anima e che interviene nella narrazione, facendo da cornice alle vicende di Ettore e dei suoi pard. Una Milano che non dorme mai, fatta di sogni e di incubi. Masoprattutto di storie immaginate e reali: «nel momento in cui la raccontate, ogni storia è inventata. Quando la rendete credibile, ogni storia è reale».